Dove non c’è un’istruzione matematica, non c’è libertà. Questo collegamento diretto tra la conoscenza del mondo dei numeri e uno dei principi fondanti della democrazia potrebbe stupire. Ma Edward Frenkel, autore della relazione appena citata e professore di matematica all’Università della California a Berkeley, ha argomenti da vendere, e soprattutto quel collegamento è il punto più alto di un amore per la materia che studia. Consideriamo la crisi globale economica attuale, afferma Frenkel in Amore e matematica, il libro in edicola con «Le Scienze» di agosto e in vendita in libreria per Codice Edizioni.Per la gran parte è stata provocata dall’uso generalizzato nei mercati finanziari di modelli matematici inadeguati, un fattore cruciale di cui però sui mezzi di comunicazione di massa non c’è traccia. Pur sapendo di non sapere nulla di matematica, molte delle persone nella cabina di comando economico-finanziaria hanno continuato a usare quei modelli, sperando di farla franca anche grazie all’ignoranza matematica di chi avrebbe dovuto esercitare un controllo. E il risultato è sotto gli occhi di tutti. Le cose sarebbero potute andare diversamente, argomenta Frenkel, se più persone avessero capito come sono fatti i modelli finanziari e come funziona il sistema, se insomma i cittadini avessero avuto gli strumenti per operare quell’azione di controllo sociale che è un altro pilastro della democrazia.L’esempio del legame tra crisi economica e matematica spiega bene il paradosso in cui siamo immersi. La nostra vita quotidiana è sempre più permeata dalla matematica. Dagli acquisti su Internet ai navigatori satellitari, viviamo anche in un mondo invisibile regolato da formule e algoritmi. Eppure a questa pervasività corrisponde un timore reverenziale che non ha eguali con altri campi delle attività intellettuali umane. Memore del suo amore per la matematica sbocciato durante l’ultimo anno delle superiori in quella che era l’Unione Sovietica, Frenkel cerca di condividere questo suo sentimento con un libro che descrive il cosiddetto «programma di Langlands», una delle teorie più interessanti emerse in ambito matematico negli ultimi cinquant’anni, che collega diverse aree in apparenza distanti tra loro: algebra, teoria dei numeri, analisi, meccanica quantistica.Ma l’obiettivo più profondo di Frenkel è mostrare al lettore che la matematica «è fonte di profonda conoscenza senza tempo, che arriva al cuore di ogni cosa e ci unisce attraverso le culture, i continenti e i secoli». Il suo sogno è che tutti possano vedere, apprezzare e ammirare la bellezza magica e l’armonia di idee matematiche, formule ed equazioni. «Perché tutto ciò dà molto più senso al nostro amore per il mondo e per gli altri esseri umani», dichiara Frenkel. Come dargli torto? Quando era ragazzo, in Unione Sovietica, la sua origine ebrea precludeva lo studio universitario della matematica, considerata conoscenza sensibile per la sicurezza dello Stato. Ma fu proprio quella scintilla d’amore scoccata all’ultimo anno delle superiori a convincerlo a coltivare una passione che da clandestina sarebbe poi uscita alla luce del sole, anche grazie a due brillanti matematici che divennero i suoi mentori. I suoi primi articoli di ricerca furono contrabbandati all’estero e arrivarono alla Harvard University, che invitò Frenkel come visiting professor all’età di 21 anni. Era il periodo della perestrojka, il muro di Berlino aveva i mesi contati e Frenkel volò negli Stati Uniti inseguendo la sua passione, come racconta nel libro. Chi può mai fermare l’amore?